Insieme. Spalla a spalla. Sempre. Arianna, Alice, Martina e Francesca vivono così ininterrottamente da tre anni, dal tuffo in piscina di mezzanotte al Cairo, passando per l’impresa nella bolgia di casa a Milano, due trionfi ai Mondiali in 12 mesi, e fino all’argento olimpico vinto stasera, nel primo giorno d’agosto in una Parigi che alternava sole cocente ad acquazzoni come se tra le nuvole qualcuno stesse lavando il terrazzo. Argento vinto, sìssignore. Ché il tempo delle analisi verrà ma quello dei rimpianti lasciatelo perdere. L’Italia del fioretto femminile a squadre è sul podio a Cinque Cerchi (come sempre da Seul ’88 in avanti), stavolta sul secondo gradino. S’è arresa ad avversarie fortissime, le statunitensi, non più forti e però oggettivamente più brave in pedana nel match che valeva l’oro. N’è uscito con il cuore gonfio d’orgoglio, il quartetto azzurro, ancorato alla certezza d’aver dato tutto, alla sua umanissima fragilità di non esser invincibile, e però pure alla consapevolezza d’averci provato finché le ragazze a stelle e strisce non sono arrivate a 45. Stefano, il CT, felice d’averle viste lottare, ha applaudito le ragazze come ha fatto in tutti i successi del triennio. E pazienza se il punto esclamativo è mancato proprio nella gara più importante.
Insieme. Spalla a spalla. Sempre. Arianna, Alice e Martina s’erano ritrovate così domenica scorsa, dopo il “giro” dei quarti di finale della gara individuale, a cui Francesca ha assistito dalla Tribuna gridando uno dopo l’altro il nome d’ogni compagna, a mo’ di disco rotto, per incitarle tutte. Resterà, quella, una giornata senza medaglie per l’Italia al Grand Palais, eppure capace di regalare una delle immagini più belle dell’Olimpiade. Ali era approdata in semifinale, Ary e Marty invece avevano perso entrambe d’una stoccata soltanto. S’erano strette tutte e tre in un abbraccio stupendo, mescolando lacrime impossibili da trattenere e sorrisi complici. È stato un attimo importante, quello. Perché ha cambiato un po’ – magari neanche così poco – la narrazione di questi Giochi della scherma e forse, o senza forse, non soltanto della scherma. Arianna, la capitana, campionessa-mamma-Portabandiera in tre parole dette tutte d’un fiato, ha ricordato a Martina ch’era appena alla prima di tante Olimpiadi, spiegandole che si può perdere senza per forza sentirsi sconfitti. È il semplicissimo, autentico e mai retorico, concetto ch’è andata poi a raccontare in “zona mista”, marcando la differenza tra persone e palmares, (ri)consegnando l’atleta da cui pretendiamo tutto nei giorni olimpici, mentre il pallone riserva solo amichevoli da “girandole di sostituzioni”, a una dimensione d’umanità, che dà il cuore per vincere e però che sa pure accettare di perdere.
Insieme. Spalla a spalla. Sempre. Per riappropriarsi d’un pezzettino di realtà che aiuta a dire che stasera, al Grand Palais, davanti al Presidente del Consiglio, le nostre ragazze del fioretto sono uscite a testa altissima dalla pedana più prestigiosa, conquistata dominando prima l’Egitto e poi il Giappone, perché la finale olimpica non l’hanno mica ricevuta in coupon regalo, l’hanno meritata a suon di stoccate e dopo esser partite da partendo da numero 1 del Ranking, tabellone figlio d’anni di sacrifici e successi. Avremmo voluto vincerla tutti, questa finale. Loro per prime. E però che bellezza sentirle parlare d’un “argento meraviglioso”. Lo è per Ary, nella sua Olimpiade speciale da alfiere d’Italia, lo è per Ali che mette un altro metallo pregiato in una bacheca che luccica, e lo è per Marty e Francy che d’una Olimpiade hanno sentito per la prima volta nella vita le vibrazioni, così magiche e così complesse, con tutta l’emozione che quest’esperienza porta con sé.
Insieme. Spalla a spalla. Sempre. Pure alle dieci della sera, su quel podio ch’è diverso da tutti gli altri – tanti – su cui in questi tre anni sono salite. Lo speaker ha annunciato l’Inno statunitense, le americane l’hanno cantato, mentre le azzurre si son strette ancora più forte. Erano rivolte alle bandiere. Al pubblico davano il profilo. Stavano in fila indiana. Eppure vicinissime. Una accanto all’altra. Sul podio dei sogni d’ogni atleta. Fa nulla quell’ultimo gradino che mancava. Oggi è bello esser lì. Con un argento vinto al collo. Insieme. Spalla a spalla. Sempre.
(foto Bizzi)