Ricordi confusi, eppure nitidi, d’un po’ d’anni fa. Se non ne son passati una ventina poco ci manca. Nei dintorni di Pisa c’era una gara internazionale di scherma riservata ai Cadetti a cui non voleva mancare nessuno. Ché al vincitore andava uno scooter, e a quell’età lì, averlo, un 30% in più di chance a un ragazzino lo dava… di trovare la fidanzatina! Era la prima volta per molti in cui si sentiva arbitrare in francese e si metteva il cognome sulle spalle (un tempo mica ce l’avevano tutti già da piccoli), obbligo a cui alcuni s’adeguavano facendo le cose per bene, mentre altri s’arrangiavano come potevano, dal pennarello all’UniPosca. Gli Under 17 si giocavano il motorino mentre tra le pedane scorrazzava un bimbo con un’arma di spugna tra le mani e un sorriso sul volto che non lasciava mai indifferenti.
Mamma Michela e papà Simone, tra una stoccata arbitrata e vari “onori di casa”, si prendevano una raffica di complimenti: “Com’è simpatico Filippo!”. Nonno Carlo, che di quella gara era pioniere e organizzatore, non vedeva l’ora di metterlo “in guardia”, pure se Pippo ci stava già da solo.
Nasce così la storia schermistica del vicecampione olimpico di fioretto a Parigi 2024, Filippo Macchi, raccontata cliccando sul tasto “Skip” – come si fa con le pubblicità di Google – per saltare il come e il perché abbia al collo un argento invece che un oro ch’era tutto suo… Sarà ché nella scherma vince chi arriva a 15, e che lui, un po’ come accade con le carte al “Sette e mezzo”, avrà “sballato” visto che di stoccate in finale ne ha messe 16-17.
È la storia d’una famiglia – Macchi/Zurlo – con la scherma nel sangue, d’una tradizione griffata Navacchio lunga oltre mezzo secolo, d’un bambino che cresce e diventa ragazzo, e poco dopo già uomo, esuberante ed entusiasta, spavaldo e però sempre rispettoso. Riesce così a fare della scherma la sua vita, entra nelle Fiamme Oro, lavora durissimo col maestro Marco Vannini, scala i vertici nazionali, brucia d’ambizioni e si dà obiettivi grandi. Lo capisci quando, dopo un’eliminazione prematura agli Assoluti di Courmayeur 2022, quasi s’arrabbia sentendosi dire “vabbè… sei giovane”. Giovane un corno! Era tornato da pochi giorni con una medaglia dagli Europei Under 23, ma a quei Campionati Italiani “non ero venuto mica a far numero”.
Carattere da vendere. Di quelli che al CT Stefano Cerioni piacciono un sacco. Pippo un anno fa è diventato campione d’Europa, ha meritato un posto in squadra, ha preparato l’Olimpiade con il fuoco che gli ardeva nell’anima. Ti scottavi, a proposito di Assoluti, all’ultima edizione dei Tricolori di Cagliari se gli buttavi lì qualche nome da non incontrare a Parigi, fantasticando un ipotetico tabellone. “Evitare chi? Me l’ha insegnato Dani Garozzo: non si vincono le Olimpiadi per esclusione!”.
Determinato, lucido, ispirato, il Filippo del Grand Palais è stato uno spettacolo dall’alba al tramonto d’una gara meravigliosa. Occhi al cielo per il nonno, non ha lasciato per strada una stoccata, neppure quelle che gli son state negate – s’era promesso di non parlarne e s’è fatto peccato… Vero! Fortuna che c’è la confessione! – e ha conquistato pure gli spettatori francesi che, una volta cantata la Marsigliese per le sciabolatrici, hanno adottato questo toscano nerazzurro – così da tener insieme il Pisa e l’Inter – scandendo il suo nome “Filippò-Filippò”, ovviamente con l’accento sulla “o”. Così, davanti a 8mila persone, ha disputato contro l’olimpionico Cheng un match stellare, degna finale a Cinque Cerchi in mondovisione. Ne è uscito disperato, e però a testa altissima, dopo che il CT Cerioni per lui ha chiamato e ottenuto la standing ovation del pubblico.
È salito al secondo piano come se il mondo gli fosse crollato addosso. Un bacio di Giulia – fiorettista e Fiamme Oro come lui – gliene ha spostato più o meno la metà. Il resto è venuto giù da solo, sul podio olimpico, con l’argento al collo. Pippo ha cominciato il giro d’onore delle interviste. Come? Dicendo che l’avevano fregato? Macché! Scusandosi uno ad uno con i giornalisti a cui non aveva dato retta prima. E fa nulla se manca l’oro. Macchi è ricco lo stesso. Di talento, di carattere, di umanità fuori. Rieccolo, quel sorriso sul volto. Lo stesso del bambino che scorrazzava tra le “pedane dello scooter”. Gli manca solo l’arma di spugna…
(foto Bizzi)
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