In senso etimologico “scherma” deriva da “schermire” verbo che ha come significato l’atto del ripararsi, del difendersi. Alcuni studiosi fanno derivare tale termine dal tedesco arcaico “skirmen”, che vuol dire proteggere e, per sinonimia, difendere o difendersi.
Nel Vocabolario dell’Accademia della Crusca infatti si trova questa definizione: “scherma, schermire è riparare con arte il colpo che tira il nemico e cercare di offenderlo sempre”. L’arte della scherma appunto.
Tale arte si evolve nel corso di più secoli, accompagnata anche dall’evoluzione delle sue armi a partire dalle prime armi da taglio, passando dal gladio romano fino, ai famosi spadoni medievali, ad arrivare ai giorni nostri alle armi da punta e da taglio. Il duello inizialmente limitato alla scherma militare, fu esteso poi all’uso civile come salvaguardia dell’onore e dei principi morali.
Già nel XIII secolo si parlò di una scherma italiana che godeva di grande prestigio fuori dai confine della penisola. Fin dal 1292 cinque maestri italiani ebbero sale d’armi a Parigi. Nella seconda metà del Trecento a Bologna, vissero maestri come Nerio e Lippo Di Bartolomeo; Gioacchino Meyer, fondatore più tardi della scherma tedesca, era stato allievo, a Bologna, del celebre Achille Marozzo.
L’irradiarsi della scherma italiana coincise con il fiorire del genio Italiano in tutto il continente tipico di quei secoli. Risale di fatto al 1400 la nascita delle prime scuole di scherma con i cosiddetti “maestri d’arme”.
Nel 1536 lo stesso Achille Marozzo pubblicò un’opera completa sotto l’aspetto tecnico e critico, fissando i principi immutabili di ordine generale che lo investono “padre fondatore della scherma italiana”. Se però nella prima metà del XVI secolo il duello si faceva ancora impugnando due armi (spada nella mano destra e daga nella sinistra), presto l’uso fu abbandonato a favore della velocità delle azioni e della maneggevolezza dell’arma principale che, per merito dell’italiano Camillo Agrippa (autore di un famoso trattato del 1553), divenne prevalentemente di punta.
La scoperta dell’efficacia dell’affondo da parte dello stesso Agrippa, permise alla scherma un ulteriore progresso di eccezionale importanza; furono infatti definitivamente messe in disuso le vecchie e pesanti armature, scudi e spadoni del Medio Evo per far strada a spade sempre più maneggevoli utilizzabili non più con due, ma con una sola mano.
Altri trattati furono pubblicati: nel 1572 l’opera di Giovanni dell’Agoccie di Bologna ricca di dettagli tecnici ed approfonditi problemi psicologici connessi alla scherma; il trattato di Angelo Viggiani dal Mantone, che insegna “una scherma di spada sicura et singolare con una tavola copiosissima”.
Ma quello che è ritenuto il trattato fondamentale per la scherma italiana è il “Flos duellatorum” del Maestro Fiore dei Liberi da Premariacco, manoscritto del 1409, pubblicato solo nel 1902 da Francesco Novati. Il trattato, che fu un codice di comportamento per il signore, diede l’input per i successivi trattati che delinearono poi il passaggio dalla scherma di combattimento al duello e, quindi, al fatto squisitamente sportivo. Il Cinquecento fu un secolo d’oro per la scherma italiana, in esso si gettano le basi di quella che sarà la scherma moderna.
Il Seicento fu invece il secolo di “cappa e spada”, in cui nacquero le basi del codice cavalleresco che arriverà quasi immutato fino ai giorni nostri. Già in questo secolo si videro i primi fioretti con punta coperta da un bottone allo scopo di evitare incidenti tra i duellanti, a sottolineare il carattere squisitamente sportivo ante litteram delle competizioni.
È proprio in questo contesto che, con veemente intento apologetico, Iacopo Gelli, nel suo “Scherma Italiana” espresse il suo elogio all’arte della scherma per lo sviluppo delle facoltà intuitive, la rapidità dei pensieri e del giudizio, che rendendo prudenti e misurati i cultori della scherma, anche donne, frenano la brutalità dell’istinto impetuoso e sconsiderato con la pratica frequente, se non giornaliera, in una continua ricerca di grazia di movimenti e salute.
Anche il Settecento fu ricco di opere di rilievo ma fu solo con l’Ottocento che si fa risalire di fatto la nascita della moderna scuola italiana di scherma da sempre considerata una delle migliori al mondo per gli ottimi risultati ottenuti sia in Italia che all’estero.
L’epoca d’oro fu quella della Scuola Magistrale Militare di Roma (1884) diretta da Masaniello Parise con Carlo Pessina e Salvatore Pecoraro, a cui seguirono i maestri Agesilao Greco, Candido Santone e più tardi Giuseppe Mangiarotti. Fu in questo secolo che gli schermidori si allenano fino a nove ore al giorno, affiancando all’esercizio e studio della tecnica e all’agonismo della scherma, la pratica di ginnastica e di attrezzi, precorrendo di molti decenni gli attuali sistemi di allenamento. Proprio con Agesilao Greco, anello di congiunzione tra il vecchio e il nuovo mondo della scherma, che la scherma si affermò come nuova disciplina olimpica.
In questo contesto di internazionalizzazione e di riconoscimento sportivo, dopo un tentativo senza successo effettuato a Pavia nel 1903, il 3 Giugno 1909 venne costituita a Roma La Federazione Schermistica Italiana su iniziativa del capitano Augusto Ciacci e favorita dall’allora onorevole Luigi Lucchini, in qualità di presidente dell’Istituto Nazionale per l’Incremento dell’Educazione Fisica.
Un’apposita commissione presieduta dal conte Ezio Ravascheri venne incaricata di redigere lo statuto della nuova federazione, approvato poi nel giugno del 1910, nel quale si operava la distinzione tra maestri e dilettanti. Successivamente il 5 Ottobre 1923 il nome venne modificato in Confederazione Italiana di Scherma (CIS) e dieci anni più tardi, nel 1933, fu ulteriormente e definitivamente modificato con l’attuale nome di Federazione Italiana Scherma (FIS).
La contemporanea nascita nel 1913 della Federazione Internazionale di Scherma (FIE) e lo svolgersi delle Olimpiadi fecero sì che la scherma si trasformasse da semplice concetto di arte in un vero e proprio sport da combattimento.
Le Olimpiadi di Anversa del 1920 incoronano Nedo Nadi come leggenda della scherma per la conquista di ben cinque medaglie d’oro olimpiche: fioretto individuale ed a squadre, sciabola individuale ed a squadre e spada a squadre.
In cento anni di storia delle olimpiadi da Parigi 1900 a Sydney 2000, la scherma italiana è salita ben cento volte sul podio. Ad Atene si è raggiunta quota 107 medaglie, implementata a 114 con le 7 conquistate a Pechino2008, per poi giungere alle 121 totali grazie ai sette podi ottenuti sulle pedane di Londra2012 e alle 125 di Rio 2016.
Ad oggi il medagliere azzurro si attesta a quota 130, in virtù delle 5 medaglie conquistate nell’edizione dei Giochi Olimpici di Tokyo 2020, grazie a Daniele Garozzo, Gigi Samele, la nazionale di spada femminile, quella di sciabola maschile e quella di fioretto femminile.
Un record di eccezionale spessore per una disciplina che vanta di essere l’unica in Italia ad aver conquistato così tante medaglie olimpiche e che contribuisce ad accrescere sempre più il prestigio internazionale di tutto lo sport italiano.
Nella centenaria storia della FIS grandi nomi si sono susseguiti: Gastone D’Arè, Edoardo, Carola, Dario, Giuseppe e Mario Mangiarotti, Renzo e Giuliano Nostini, Antonella e Saverio Ragno, Nicola Granieri, Aldo, Carlo, Mario Aldo, Mario Tullio e Tommaso Montano, Mauro Numa, Dorina Vaccaroni, Annarita Sparaciari, Vladimiro Calarese, Irene Camber, Bruna Colombetti, Silvia Strukel, Gianfranco Dalla Barba, Giulio Gaudini, Pasquale La Ragione, Michele Maffei, Rolando Rigoli, Gustavo Marzi, Vannetta Masciotta, Angelo Mazzoni, Clara Mochi, Alberto Pellegrino, Gianluigi Saccaro, Emilio Salafia, Cesare Salvadori, Giovanni Scalzo, Giovanna Trillini, Valentina Vezzali, Margherita Zalaffi, Laura Chiesa, Elisa Uga, Margherita Grambassi, Ilaria Bianco, Elisa Di Francisca, Francesca Quondamcarlo, Ilaria Salvatori, Bianca Del Carretto, Nathalie Moullhausen, Cristiana Cascioli, Francesca Boscarelli, Irene Vecchi, Alessandra Lucchino, Mariangela Postiglione, Loreta Gulotta, Matteo Tagliariol, Luigi Tarantino, Gianpiero Pastore, Tonhi Terenzi, Salvatore Sanzo, Simone Vanni, Andrea Baldini, Andrea Cassarà, Stefano Cerioni, Annalisa Coltorti, Diana Bianchedi, Frida Scarpa, Alfredo Rota, Paolo Milanoli, Andrea Borella, Sandro Cuomo, Stefano Pantano, Maurizio Randazzo, e moltissimi altri che, con il loro impegno e con altri in futuro, hanno permesso e permetteranno di arricchire ancora di più il medagliere italiano.
La prima medaglia azzurra fu quella di Antonio Conte, oro nella sciabola maestri a Parigi agli albori del ventesimo secolo. Fu confermata tale dopo un lungo iter per la discussa vittoria in quanto maestro e non dilettante, nonostante l’ammissione di assalti di fioretto, sciabola e spada “pour amateurs e professeurs” da parte dello stesso Pierre De Coubertin, fondatore delle moderne Olimpiadi.
Tra la prima e l’ultima medaglia conquistata con medesimo sacrificio, costante preparazione, forte determinazione e classe genuina da parte di ogni singolo atleta, c’è una passerella fatta di grandissimi nomi della scherma italiana: dalle storiche medaglie d’oro di Nedo Nadi alle 16 medaglie dei fratelli Mangiarotti (13 del grande Edoardo e 3 di Dario), dalle travagliate medaglie a squadre all’altrettanto storica tripletta con il podio monocolore azzurro a Londra2012 nella prova di fioretto femminile individuale vinta da Elisa Di Francisca, con Arianna Errigo medaglia d’argento e Valentina Vezzali bronzo. Le emozioni più recenti sono legate ai ricordi dei Giochi di Tokyo 2020, svolti un anno dopo a causa dell’emergenza Covid-19. In questa edizione sono arrivati gli argenti di Daniele Garozzo nel fioretto e di Gigi Samele nella sciabola e poi l’argento della squadra maschile di sciabola composta dallo stesso Samele, Luca Curatoli, Enrico Berrè e Aldo Montano e poi i bronzi della squadra di spada femminile (Rossella Fiamingo, Mara Navarria, Federica Isola, Alberta Santuccio) e di quella di fioretto femminile con Alice Volpi, Arianna Errigo, Martina Batini ed Erica Cipressa.
Negli ultimi anni si è avuto un grande sviluppo anche del settore paralimpico, sancito soprattutto dai successi ai Giochi Paralimpici. Qui si è affermata Bebe Vio conquistando la medaglia d’oro nel fioretto cat. B sia a Rio 2016 che a Tokyo 2020. Da ricordare anche le medaglie delle squadre di fioretto femminile (Bebe Vio, Andreea Mogos, Loredana Trigilia) di bronzo a Rio e d’argento a Tokyo e il bronzo di Matteo Betti a Londra 2012 nella spada cat. A.
Ma l’indiscusso prestigio mondiale della scherma italiana passa anche attraverso altre cifre estremamente significative: le 357 medaglie conquistate ai Campionati del Mondo Assoluti a partire dal 1921, le 289 nel Campionato del Mondo Giovani dal 1950, le 133 nel Campionato del Mondo Cadetti a partire dal 1987, le 211 ai Campionati Europei. Numeri questi che palesano come la realtà della scherma italiana si sia affermata a livello mondiale e come la scuola italiana goda di numerosi riconoscimenti per gli innumerevoli traguardi raggiunti nel corso di tutta la sua storia.