Ci sono due modi nella scherma per sapere chi vincerà un match che finisce “alla priorità”. Il primo è aspettare cosa accade in quel minuto supplementare. Il secondo è vedere Augusto Bizzi quale angolo sceglie per piazzarsi a fotografare. Se non v’è mai capitato, la prossima volta, come dovreste fare quando siete felici… fateci caso!
Parigi, 30 luglio. Fa un caldo che si crepa e pure i potentissimi condizionatori di sua maestà il Grand Palais oggi tirano un po’ meno forte. L’Olimpiade della scherma dà il benvenuto alle gare a squadre. Da programma ne va in scena solo una al giorno, una semplicissima e geniale trovata per dare il massimo dell’attenzione a ogni singola competizione. Certo, si può solo qui. Ed è il motivo per cui la sera prima la scherma ha fatto 5 milioni di telespettatori in Italia. E forse – chissà – stasera persino di più. C’è la spada femminile, la specialità in cui arriviamo da team numero 1 del Ranking e campione d’Europa in carica. Piano con i titoli nobiliari, ché più il pronostico ti pesa e più ti schiaccia, o magari porta sfiga. Fate un po’ voi…
L’Italia di Alberta e Rossella, Giulia e Mara, due siciliane e due friulane, debutta con l’Egitto. E vince d’autorità. Il bello dei Giochi, dove non a caso per arrivarci devi fare una fatica del diavolo per un anno e mezzo, è che passato il primo scoglio sei già in semifinale. La medaglia non è certa, e però ne cominci a sentire il profumo. Inebriante. C’è la Cina, cliente pessimo, ma che le ragazze del CT Dario rendono avversario indifeso, fragile, al punto quasi da doppiarlo. Tanto che in tribuna stampa, tra la sesta e la settima frazione, qualcuno che poco prima scalpitava scende a prendersi un caffè. Che viziaccio! E che potenza, le spadiste azzurre, che annientano le asiatiche e staccano il biglietto per la finale 28 anni dopo Atlanta ’96. Lì, nella città della Coca Cola, Elisa, Laura e Margherita fecero argento, e c’era pure Sara, che c’è anche adesso, a raccontare da cronista le ragazze di oggi.
In questo sport meraviglioso e a volte strano, all’Olimpiade – e soltanto qui – nella gara a squadre c’è un’unica chance di cambio: chi viene sostituita non può più rientrare. Tutto il contrario di quello a cui hai lavorato un anno intero. Dettagli. La scherma è lente d’ingrandimento della vita, e vince chi s’adatta. L’Italia della spada, che prima d’ogni assalto fa il verso a Tiziano Ferro per giurare che “nella buona o cattiva sorte tireremo fino alla morte”, s’è fatta una promessa: tirerà anche Mara. Una campionessa autentica, che al Grand Palais c’era già nel 2010, il suo primo Mondiale, e che 14 anni dopo ci torna per l’ultima Olimpiade a modo suo. Come? Ci arriviamo…
Tocca (ri)partire dall’alba della finale. È Italia-Francia. La sfida infinita. Giochiamo in trasferta, dentro uno stadio che ribolle. Più d’8mila persone che fanno un tifo infernale. Provateci voi a reggere quell’urto. Niente paura. Il CT Dario e il suo staff hanno provato pure quello: a Bardonecchia hanno fatto tirare le ragazze con la simulazione del tifo dei francesi, per allenare la concentrazione nel frastuono. Ché dietro il capolavoro d’una notte di mezz’estate c’è un triennio di lavoro incessante, di medaglie mai mancate (cinque in altrettante gare a squadre per le spadiste tra Europei e Mondiali), di sogni per i quali sacrificare tutto.
Ci siamo. Alle otto e mezzo della sera le finaliste scendono dalla scalinata del Grand Palais. Il pubblico canta la Marsigliese. Un coro da brividi. Dà i brividi. E però vuoi vedere che un po’ “se la chiamano”? Maledetti medievali, noi aggrappati alla scaramanzia…
S’inizia. È punto a punto. Ross, gigante nei match precedenti, dopo il suo primo assalto lascia il posto a Mara. La Francia prende margine: va a +4 quando mancano le ultime tre frazioni. Giulia, che a Parigi ci ha vissuto, i francesi li capisce, sa che stanno già apparecchiando per la festa. E così decide di rovinargliela, come accadde a quelli cantati da Paolo Conte. Torniamo sotto, -1 al tramonto della settima sfida di nove. Restiamo aggrappati a quest’assalto con l’anima stretta tra i denti. Una stoccata per volta, passettino-passettino, ci rimettiamo pari e Mara passa per l’ultima volta il testimone a +1. Chiude Alby, tre minuti per giocarsi tutto e scegliere dove svoltare al bivio. Di qua c’è il solito – insopportabile – “solo argento”, percepito così e magari condito dalla “maledizione dell’oro” e da qualche altro titolone, tipo “cosa succede alla scherma?”, pre-confezionato e sempre buono come i tramezzini nel distributore. Di là c’è la Storia, quella che nessuna squadra italiana di spada femminile ha mai scritto.
Alberta si carica addosso l’Italia della scherma, e pure un bel pezzettino di Paese incollato alla tv, ché tanto sa che Ross, Giulia e Mara sono lì, a coprirle le spalle. È un’altalena da impazzire. A 20” dalla fine la Francia è avanti di 1, ma Alby va a riprenderla sul 29-29. Ce la giochiamo alla priorità. Tutto all’ultima stoccata. In tre giorni d’Olimpiade in questo modo di assalti ne abbiamo persi otto. E così i fantasmi si radunano: le sconfitte di un punto soltanto, il primo gradino del podio che mancò a Tokyo, il 50° oro ai Giochi tanto atteso, metteteci pure il caro vacanze e siamo al completo. Solo che i fantasmi può scacciarli chi non ha paura. E queste ragazze manco sanno che esiste la paura, adesso che sono arrivate lì, sulla porta d’un sogno, che vogliono prendersi a costo di sfondarla.
Priorità alla Francia. Chissenefrega. Si tira un minuto e il cuore va da sé.
Ci sono due modi nella scherma per sapere chi vincerà un match che finisce “alla priorità”. Il primo è aspettare cosa accade in quel minuto supplementare. Il secondo è vedere Augusto Bizzi quale angolo sceglie per piazzarsi a fotografare. Ha scelto il “destro”. L’ha detto pure a qualche collega fidato. È l’angolo di Alby, ed è lei a far accendere quella luce verde ch’è un destino che si compie. Italia medaglia d’oro ai Giochi Olimpici, per la prima volta nella spada femminile. Com’è che cantava Rino Gaetano? “Michele Novaro incontra Mameli, e insieme scrivono un pezzo tuttora in voga…”. Suona il nostro Inno! Ross e Alberta si tengono stretta la mano sul podio, Giulia sogna come una bimba di 35 anni e Mara pensa a una dedica speciale per Nathalie, amica di sempre. Il Grand Palais, ch’è maestoso pure nella sportività, applaude le Regine che si sono prese la Francia, battendo la Francia. L’oro a casa loro. Gli smartphone squillano impazziti, come se in Italia nessun amico avesse il televisore sintonizzato su altro. Per chi ama la scherma, stasera è per chi non crede alle favole…
(foto Bizzi)