Ultimo giorno. A volte sposta i bilanci. Altre la percezione. Siamo a nove medaglie e vogliamo la doppia cifra. Per esser in cima al Medagliere del resto del mondo che insegue gli Stati Uniti inarrivabili in questo Mondiale giovanile. Matteo e Fabio, Marco e Cristiano, hanno spalle abbastanza larghe per prendersi questa responsabilità addosso. E per portarla a termine.
Sono squadra vera, e fa nulla se insieme ci hanno tirato solo in allenamento (con i fiorettisti che hanno trionfato tre giorni fa era accaduto lo stesso), questi quattro spadisti che a Wuxi rappresentano l’Italia campione mondiale uscente nella spada maschile, pure se solo metà di quel team – c’erano e ci sono Matteo e Fabio – ha incorniciato a casa l’oro di Riyadh. Quarantotto nazioni in gara. Quarantotto. Quattro-otto.
Un turno saltato per diritto di ranking e un percorso da cominciare con la Svezia. Buona la prima. Poi c’è la Corea, mica semplice come ottavo di finale. E però l’Italia è sempre in controllo. È tutto sotto controllo. S’arriva ai quarti, al “derby” di sempre, ma non ce n’è neanche per la Francia. Siamo tra le “top 4”, e però nelle gare a squadre non basta per dire che la medaglia è in ghiaccio. E per non farla sciogliere c’è una semifinale contro l’Ungheria.
Ce la vediamo brutta all’inizio. Ché i magiari scappano a +8, e per qualcuno, già a metà del cammino, l’assalto pare dal destino segnato. Solo che quel qualcuno non conosce abbastanza bene i nostri ragazzi. Di sicuro li conoscono come nessun altro i loro genitori, che in tribuna fanno un tifo del diavolo: lo sanno benissimo – e chi, meglio di loro?! – che finché gli avversari non arriveranno a 45 i nostri spadisti se la giocheranno.
Quattro frazioni alla fine: Fabio ne riprende due, siamo a -6 e manca “l’ultimo giro” d’incontri. Cristiano, che in semi ha preso il posto di Marco, fa lo stesso, e così all’alba del penultimo assalto dobbiamo rincorrerne 4. Riecco Fabio, altri due punticini per rivedere la scia, per tornare a mangiare la polvere degli ungheresi. Ne vorrebbe un altro ancora, Fabio, per passare il testimone a -1, pensa di rischiare ma Francesco, il maestro in panchina, gli dice che va bene così mentre Dario, il CT, tira dritto verso Matteo, che ha anticipato di un po’ il solito rito d’allacciarsi le scarpe. Poche parole, quelle che servono per preparare qualcosa di grande.
Matteo, argento individuale l’altro ieri, rimette subito il mondo apposto, pareggia, poi saluta e se ne va… In finale con l’Italia. Capolavoro compiuto.
Resta l’ultimo atto, dov’è arrivato il Canada a contenderci l’oro. È una battaglia, si sa, ma quei quattro lì non chiedono altro. Lottano punto a punto, a tratti soffrono, ché l’oro iridato mica è un regalo, però restano sempre dentro il match, governandolo, e quando decidono ch’è arrivato il momento danno due colpi di clacson, salutano e vanno a prendersi il titolo mondiale.
A Wuxi (ri)suona Mameli. Non solo siamo andati in doppia cifra, chiudendo a 10 medaglie, ma abbiamo giocato all’attacco, con il 3-4-3. Tre medaglie per la sciabola, quattro per il fioretto e tre per la spada. Ogni arma ha preso un oro. E lasciamo la Cina con una consapevolezza: la “meglio gioventù” della scherma italiana farà ancora parlare tanto di sé. In tre parole: la storia continua…