Cosimo è altissimo. Lo dicono tutti da sempre. È la prima cosa che pensa chiunque lo veda in un palazzetto. Oggi come otto anni fa, quando ha cominciato a tirare di scherma al Fides Livorno, la sua seconda casa. Da bambino non ha collezionato titoli, e però ha saputo coltivare la sua passione a colpi di sciabola.
Non solo “strutturato”, parola che piace tanto a quelli che il calcio dicono di capirlo, o altissimo, più semplicemente: pure applicato, determinato, lavoratore. Rafforzato dalle batoste, ostinato nell’andare avanti. Calato in un gruppo – “la banda del Fides”, la chiama lui – dove non s’è mai sentito a disagio a esser “uno dei tanti”. Ha fatto lezione con tutti i maestri, racconta, da Nicola a Ilaria, da Edoardo a Marco, s’è dato da fare sempre di più, qualche ora a settimana prima, ogni santissimo giorno poi, mattina e pomeriggio adesso, e così passo dopo passo ha rincorso il suo paradiso all’improvviso.
Niente arriva per caso. Figurarsi un oro al Mondiale Giovani. Eppure, chissà se ci pensava, Cosimo, all’alba di questa stagione. All’azzurro, alla Cina, a un giorno così. Se l’è costruito piano-piano. Un mattoncino per volta. Un bronzo quest’anno nella tappa di Coppa del Mondo Under 20 di Hammamet, per tornare a respirare l’aria rarefatta d’un podio internazionale che gli mancava dall’ottobre del 2021, quando ancora nei palazzetti si portavano le mascherine, da cadetto, nella “maratona” degli sciabolatori Under 17 di Godollo, in una gara della ripartenza per la scherma giovanile. In Tunisia è (ri)cominciato tutto: il posto in squadra a Dormagen e Plovdiv, e poi l’oro agli Europei di Antalya facendo col sorriso la parte determinante “dell’amico di famiglia”, unico del quartetto senza il cognome Reale e però decisivo in quella finale contro la Francia ripresa proprio grazie alla sua spinta nell’avviare la rimonta insieme ai tre super-fratelli. Due settimane fa il titolo italiano Under 23 a Salsomaggiore, così, tanto per far capire quanta voglia avesse di volare verso Shanghai e salire poi sul transfer per Wuxi, a dar l’assalto al suo primo Mondiale Giovani nell’ultimo anno in cui gli è consentito.
“Ho dovuto trovare la stabilità per affrontare le gare più importanti, è stato un percorso che mi ha portato fin qui”, racconterà a fine gara quasi incredulo ma sicuro, sentendosi “leggero e felice” così come ha tirato per una giornata intera. Il suo lunedì d’oro. Portando con sé mille pensieri che volano liberi nella testa di questo ragazzo diplomato al liceo classico e studente universitario in Storia. Dice che (ri)penserà con calma al futuro, se andare avanti in quella facoltà o cambiare. Lo farà guardando ogni tanto quella medaglia preziosa che s’è messo in bacheca, e che tornerà con lui a Livorno, dove se vinci un campionato italiano ti danno una pacca sulla spalla – sarà successo così dopo Salsomaggiore… – e ti dicono “bravo, e però adesso c’è il Mondiale”. Vinto pure quello.
Cosimo s’è divertito a vincerlo, che detta così pare frase banale. Detta meglio: se l’è goduto davvero. A suo modo. Assalto dopo assalto, stoccata su stoccata. S’è steso in terra e ha stretto i pugni. Ha gridato, ha sorriso. Pure quando s’è trovato sotto, non dando mai la sensazione che non avrebbe recuperato. Outsider consapevole, lassù sul podio non per caso. Ché certe vette non le scali coi centimetri, serve tanto sudore. Ogni goccia è valsa la pena, avrà pensato, mentre a Wuxi, come primo Inno, suonava Mameli. Cosimo non è (più) solo altissimo. È pure campione del mondo.
(foto Augusto Bizzi)