Il mondo di Greta è una corsa al rilancio. Un po’ come la sua gara di oggi. Sarà che spesso lo schermidore vive come tira, ma il Mondiale di Plovdiv, che al crepuscolo del mercoledì dei Cadetti di fioretto dice “Collini – Italia – argento”, somiglia davvero alla giornata tipo d’una ragazza dal sorriso gentile e con il fuoco che le brucia dentro. A scuola fino alle cinque del pomeriggio, puntando costantemente (più) in alto, ché il “voto buono” non basta, ne serve sempre uno migliore. E poi, uscita dal liceo, via subito in palestra. Tutti giorni. Non sia mai ne saltasse uno. Fino a sera. Con gli obiettivi ben chiari nella testa. Come le strade per raggiungerli.
Il mondo di Greta è in questo 5 aprile bulgaro da rullo compressore. Numeri, signori. Sei, otto, cinque e sette: non è una quaterna sulla ruota di Venezia, sono le stoccate prese (quelle sei in altrettanti assalti del girone) per arrivare fino in zona medaglia. Senza che nessuna avversaria s’avvicinasse mai alla doppia cifra. Era il suo primo Mondiale, l’aspettava con l’ansia che s’è liberata solo dopo aver letto quella mail tanto attesa – mittente: internazionale@federscherma.it – e d’allora in avanti l’ha vissuto senza assilli, ché tanto lo sapeva ch’era la sua sfida più grande. Aveva “fame”, questa fiorettista nata e cresciuta sulle pedane della Dielleffe Venezia dove arrivò per emulazione di famiglia. In principio s’era iscritto Nicolò, il fratello minore. Greta, che faceva danza, decise di seguirlo poco dopo. E da quella sala non è più uscita. Così i Collini fiorettisti son diventati due. “È una ragazza dalla mentalità forte, vincente. È una che non vorrebbe perdere mai. Neppure in palestra giocando a schiaccia-cinque”, parola di Guido De Bartolomeo, il maestro che la segue da due anni, insieme a Giorgia Galesso, che con lei invece lavora da sempre, dalla prima volta che s’è messa in guardia. Certo, un carattere così porta con sé dei pro e dei contro, ma quelli ce li hanno tutti, persino il caffè che ti tiene sveglio ma rende (pure) nervoso.
Il mondo di Greta, a Plovdiv, ha tirato fuori (solo) il meglio. Per esempio in semifinale, un match che no, proprio non le andava di perdere: e così l’ha ripreso, anche se pareva ormai nella spazzatura, col coraggio e l’ostinazione di chi vuole arrivare lontano. S’è fermata in finale. “Lì non ho tirato”, s’è (auto)silurata con la stessa severità con cui, dopo aver vinto la prima prova stagionale del Circuito Europeo Under 17 a Manchester, bollò il fatto d’esser arrivata “solo” terza nella tappa di Cabries come un passo indietro. E però il rimpianto, stavolta, dura il tempo d’una sciacquata di faccia. Ché c’è una medaglia da godersi e una felicità da condividere con i compagni che l’abbracciano, la festeggiano, pure se sul podio loro non ci sono, ma restano lì (ed è la scena più bella) ad applaudire la vicecampionessa del mondo, che un mese fa era stata già vicecampionessa d’Europa.
È il mondo di Greta, e brilla d’argento.