La storia si scrive quando in Corea è primo pomeriggio, mentre in Italia stanno suonando le sveglie e solo i più mattinieri hanno già fatto colazione. Al Mondiale di Iksan c’è la sciabola a squadre e, dopo aver eliminato coreani padroni di casa e polacchi, in semifinale ci tocca la Cina. C’è chi guarda l’altra pedana (Ucraina contro Germania), facendo un pensiero sulla possibile “finale bronzo”, e chi mente. È un umanissimo portarsi avanti, davanti al gigante che non siamo riusciti mai a buttar giù. E quel “mai”, stavolta, non è uno di quei modi di dire. Non ci abbiamo mai vinto per davvero. Spesso è finita “tanto a poco”, altre volte invece ce la siamo giocata. Eppure alla fine hanno esultato sempre loro.
Sarà che i tabù son fatti per essere sfatati, o sarà – per generalizzarla meno, e arrivar al cuore di un’impresa che (ri)aggiorna gli almanacchi – che i quattro sciabolatori azzurri hanno voglia di far qualcosa che resti nel tempo. Per sempre. Sarà per questo, per quello o per mille altri motivi, fatto sta che succede. Nel modo – e quale altro, sennò? – più clamoroso, rocambolesco e spettacolare possibile.
È il capolavoro d’un quartetto nuovo. Che non era mai stato una squadra prima d’oggi. Rieccolo, quel “mai”, l’altro avversario che i nostri ragazzi si divertono a prendere a sciabolate…
Edo è il veterano, il capitano coraggioso che quattro mesi fa era nella sala operatoria d’un ospedale e ieri sul podio mondiale individuale, con un bronzo al collo. Gianmarco è ormai diventato l’altro esperto, con una voglia di riscatto che gli brucia dentro da ventiquattr’ore. E poi ci sono i debuttanti, quelli che al Mondiale respirano – e fanno respirare – aria nuova: c’è Mattia che già all’esordio da “solista” ha fatto vedere quanto l’emozione non la subisca, e c’è Andrea come quarto uomo, che in queste gare non è mai una comparsa, perché in una squadra contano tutti, pure chi resta a fondo pedana. Con loro è alla prima pure Antongiulio, il CT, con al suo fianco Peppe, che non è solo “il maestro dello staff” per la sciabola, è il suo (maestro), e in quell’abbraccio tra i due alla fine ci sarà un bel po’ di storia d’entrambi cominciata qualche decennio fa in una palestra di Lamezia.
Tocca arrivarci, però, a quell’abbraccio. E di fronte ci sono gli invincibili. L’Italia sta in partita. A tratti conduce pure, e chi guardava la pedana accanto per “spiare” la sfidante nell’ipotetica “finalina” per il bronzo ora dà un occhio più attento al nostro punteggio. Certo, la gara a squadre paralimpica a volte sembra quelle corse di ciclismo in cui il neofita s’entusiasma per “Tizio in fuga”, e trova l’esperto che lo stronca subito spiegandogli che “lo riprenderanno e vincerà Caio”.
Potrebbe esser così anche stavolta, e invece no. Pure se la sceneggiatura un po’ sembra la stessa immaginata, e temuta: la Cina rimonta, allunga, i nostri tengono più che possono e lasciano il testimone a Edo, all’alba dell’ultima frazione, sotto 32-40. Otto stoccate da recuperare.
Non sono semplicemente tante, sono tantissime. Ma non troppe. Non per Edo. Ne (ri)prende una alla volta, eppure i cinesi arrivano lì a vedere il traguardo: siamo 38-44. Ne manca una per loro, e sette per noi. Sette, come le meraviglie del mondo. Edo le mette tutte: s’avvicina, sospira, dà l’impossibile, pareggia, sorpassa.
L’Italia degli sciabolatori fa la storia. Sì, la fa già vincendo quella “semi”. Ci sarebbe poi da raccontar molto altro sulla finale, contro un’altra super-squadra, l’Ucraina, ma per sapere dell’ultimo atto vi basterà fare “copia & incolla” delle righe precedenti, specchio fedele d’un match andato esattamente allo stesso modo: l’equilibrio, la lotta, lo svantaggio, la rimonta e il 45-44 che consacra gli azzurri della sciabola maschile paralimpica Campioni del Mondo, un mese e pochi giorni dopo i colleghi olimpici a Tbilisi.
Quando in Corea suona Mameli gli italiani hanno da poco finito di pranzare e la foto di quei quattro ragazzi insieme per la prima volta in gara, e pure sul gradino più alto d’un podio iridato, inizia a girare sui social come succede quando qualcuno l’ha veramente fatta grossa. Continuerà così pure nelle ore dopo, mentre in Italia è pomeriggio e a Iksan invece sono tutti a dormire. Sogni d’oro…
(foto Bizzi)