“Di corsa”. Milano, nella sua affascinante efficienza, è città dove se non corri resti indietro. Non importa da dove tu provenga: se stai lì, o impari a correre o non tieni il passo. Vanno tutti a velocità massima. Pure le zanzare che impazzano a luglio: ti fermi un attimo fuori e ti beccano nell’unico spiraglio che trovano tra il calzino e il pantalone. Va da sé il Mondiale di casa, per la scherma italiana ch’è reduce da Europei da record, sia proprio così: una corsa. Dall’alba al tramonto.
Il 25, quando – dopo i primi tre giorni di preliminari – si comincia a far sul serio, e a giocarsi le medaglie, arriva il Presidente della Repubblica, ospite d’onore della Cerimonia d’apertura. È una (rin)corsa forsennata, quel dì che salta a piè pari dalla cronaca alla storia, sotto gli occhi del Capo dello Stato. La spada femminile fa qualcosa di grosso, che per poco non diventa gigante: Alberta e Mara entrano in zona podio, saranno – rispettivamente – d’argento e di bronzo sui titoli di coda d’una giornata da ricordare. A Rossella manca una stoccata, che meriterebbe, proprio come Michele, lo sciabolatore che la medaglia l’accarezza e poi se la vede portar via. Mettono in conto, ci sarà tempo per riprendersele.
Tutto bellissimo. Però manca l’oro, non smetteranno mai di ricordarcelo. E allora avanti con le fiorettiste. Cinque anni dopo la prima volta (fu in Cina), Alice risale sul tetto del mondo, da campionessa autentica, abbracciandosi forte dopo una finale che avranno tirato mille volte in allenamento con mamma Arianna, d’argento quattro mesi dopo aver dato alla luce i due splendidi gemellini che son lì a pochi passi, cullati da nonni che “corrono” dai giorni dei ritiri pre-Mondiale. Com’è che cantava Rino Gaetano? “Michele Novaro incontra Mameli e insieme scrivono un pezzo tutt’ora in voga…”. Suona il Nostro Inno. Il brivido d’un trionfo, il Tricolore su tre bandiere che s’issano accanto a una soltanto a stelle e strisce che pare così piccolina che quasi non si nota. Sì, perché sul podio c’è pure Martina “la più piccola”, che s’arrampica sul terzo gradino urlando dopo ogni stoccata più del pubblico che la spinge. E ci sarebbe stata pure l’altra Martina, “la più esperta” che ha appena vinto l’oro europeo a Plovdiv, se nei quarti non avesse beccato il derby con Alice. Dove non riescono le avversarie, queste ragazze fenomenali possono fermarle solo i tabelloni…
Ma c’è anche la spada, nel mercoledì da leoni di Milano che rimette, per la prima volta e sarà così fino alla fine, l’Italia al suo “posto nel mondo”, in cima al Medagliere: Davide, altro fresco campione d’Europa, è argento, dopo una gara da impazzire, rimontando, esaltando, con una prestazione enorme che solo nei primi cinque minuti post finale, per l’umanissima delusione d’un oro sfiorato, non percepisce come tale. A un soffio dal podio ci arriva pure Valerio, “a tanto così”. Brucia. E però come fai a non dirgli – semplicemente – “bravissimo”…
Siamo in corsa. Chi ci ferma? Sempre e solo il tabellone, che scrive prematuramente ITA contro ITA nel fioretto maschile: Filippo, che a Milano ci arriva da (neo) campione d’Europa, sfida Tommaso, lui che in Bulgaria invece non c’era per colpa d’una spalla a cui ha chiesto qualche giorno di pazienza, il tempo di prendersi un oro mondiale. Tommy vince il derby degli ottavi, e poi pure il titolo che gli sfuggì d’un soffio un anno fa al Cairo, saldando tutti i conti con il destino. Che peccato per Martina nella sciabola, che vola fino ai quarti, scrutando il podio senza salirci.
È già weekend. Tempo di gare a Squadre. Che valgano doppio: per le medaglie iridate e per la Qualifica Olimpica. Gigi, Luca, Michele ed Enrico, gli sciabolatori, restano sulla soglia delle “top 4” per un sospiro. Ne riparleranno con Nicola, il CT, ed è da quel cerchio che si stringe a fine gara che si ripartirà lungo la strada che conduce a Parigi. La spada femminile invece arriva sino in fondo, entusiasmando: rieccola, l’Italia delle ragazze, in finale per l’oro che sogna e accarezza, poi alla fine vince l’argento che a Ross e Alberta, Mara e Chicca, lì per lì fa male, e però ch’è un certificato di garanzia, una prova di forza, l’ennesima, del valore di questo quartetto.
Il penultimo giorno comincia male, con Rossella e Martina, Michela e Chiara, le sciabolatrici, fuori agli ottavi, dirottate a far da spettatrici d’una domenica seguente che desideravano diversa. Come i ragazzi, avranno la forza di riprendersi tempo e punti perduti. Il prosieguo, invece, è una favola vera che sarà raccontata a lungo.
Le fiorettiste arrivano in finale con la marcia spedita d’un autista navigato che fa la stessa strada da una vita senza la preoccupazione d’un ostacolo. Con Alice, Arianna e Martina – l’oro, l’argento e il bronzo della prova individuale – c’è Francesca, che ricompone lo stesso (Dream) team che fu campione un anno fa al Cairo. All’ultimo atto c’è la Francia: allunghiamo senza riuscire a scappar via, le transalpine ci riprendono, in chiusura c’è Ary che ha dato tutto, l’ultima goccia d’energia che le resta, da cuore di Capitano, è per caricare Francesca, designata per prendere il suo posto. “Scaldati, tocca a te”, le dice Stefano, il Commissario tecnico, che a telecamere accese e taccuini aperti spiegherà di non aver aggiunto molto altro. Eppure, qualcos’altro c’è.
È l’ultimo “giro di assalti”: Martina spinge, Alice ruggisce da campionessa e riporta l’Italia quel che basta a scavare il solco. Francesca si prepara. La tensione un po’ la divora. Provateci voi, a far quello che l’è stato chiesto. Fabio, il suo maestro, le dà i consigli che servono. Poi le parla Giovanna, dalla panchina, che di finali così ha esperienza infinita. Quando Alice sta per completare l’opera, per lasciare in eredità un testimone “importante” all’ultima frazionista, tocca al CT: Stefano, che a detta di tutti a fondo pedana è motivatore speciale, decide che un momento del genere si carica da sé, e che si deve esser carismatici – adesso – trasmettendo la tranquillità che scaccia via la paura. Le parole non s’ascoltano, ma la foto di Augusto racconta persino di più d’una serie di “virgolettati” che chiunque avrebbe la curiosità di “rubare”. Ride, Stefano. E ride pure Francy. In fondo, sta per accadere la cosa più bella del mondo: andare in pedana a vincere un Mondiale. Vuoi che non ci sia motivo per sorridere? Francesca “sale” sorridendo, riderà sempre più una stoccata dopo l’altra, fino alla 45esima che vale l’oro.
Il MiCo è una bolgia. Un delirio di felicità. E però portate pazienza. Ché è il turno della spada maschile. La specialità in cui non vinciamo un titolo iridato dal 1993. Trent’anni. Tanti ne sono passati. Ed è (ancora) Italia contro Francia, come sempre quando l’attualità ha qualche impresa da consegnare agli annali. Dario, il CT, che la (stessa) finale d’un anno fa in Egitto ai suoi ragazzi l’ha fatta studiare fino a impararla a memoria (cominciando dal primo ritiro d’autunno in Trentino), sa ch’è la volta buona, fa staffetta tra Federico e Gabriele, lanciando quest’ultimo che nell’individuale è uscito al preliminare ma che darà qualcosa di decisivo come il compagno aveva fatto in precedenza. Andrea, che non vuol farsi chiamare Capitano ma trascina come chi quest’accezione la merita, da inizio giornata le sta suonando a tutti, e continua a farlo anche nell’ultimo atto. Davide “chiude” mettendo il punto esclamativo su un periodare che più lo rileggi, rivedendo l’assalto, e più pensi che la perfezione non esiste quasi mai. Ed il “quasi” è in questo match qui. Eccoli, i “Re di spada”. Gli azzurri campioni. Paolo, il Presidente, dirà ch’è il giorno più bello. Lo è pure per Maurizio, il Capodelegazione che nel ’93 era in pedana. Lo è per chiunque altro, tra i 2mila presenti nell’Arena Finale e per quel milione di telespettatori ch’è rimasto incollato agli schermi. Due ori in tre quarti d’ora. E poi tutti a Casa Italia, da trionfatori. Con l’inchiostro ancora fresco di chi ha scritto la storia.
L’ultimo giorno è l’unico in cui l’Italia non va a medaglia. Può capitare, dopo averne vinte dieci! Tommy e Filippo, Daniele e Alessio, i fiorettisti campioni d’Europa a Squadre, si fermano ai quarti contro Hong Kong. Eppure guai a pensare che sui titoli di coda ci sia spazio solo per l’amarezza. Certo, quattro campioni giù dal podio felici non sono, e allora ci pensa il pubblico di Milano a delineare il giusto epilogo, restituendo l’immagine più bella della scherma italiana che ha stravinto il Medagliere (già con una giornata d’anticipo). Succede al tramonto della “finalina” per il quinto posto vinta contro la Francia, un migliaio di persone in piedi ad applaudire gli azzurri, centinaia di bambini a caccia di foto, selfie, e i nostri ragazzi del fioretto a ricevere e ricambiare affetto. Un bagno di folla. Se non vale più d’una medaglia, poco ci manca.
Grazie di tutto, Milano. È il Mondiale in cui l’Italia s’è (ri)presa il suo “posto nel mondo”. A un anno dai Giochi Olimpici. Già, Parigi. Dove già vola la mente. Immediatamente. Proprio come si fa qui. “Di corsa”…