Wuxi, sabato, tre e un quarto del pomeriggio. In Italia qualcuno starà facendo ancora colazione. In Cina, invece, si stanno decidendo le medaglie. Non è l’inizio né la fine delle due gare a squadre di fioretto, ma il bello delle “storie” è che per raccontarle puoi cominciare da dove ti pare, ché tanto il finale si conosce, e il viaggio conta più della meta.
Di qua la pedana blu, semifinale femminile: Matilde, Vittoria, Letizia e Ludovica contro il Giappone. Di là la rossa, semifinale maschile: Matteo, Mattia, Andrea ed Elia contro la Francia.
Mentre in Italia qualcuno aspetta al bancone il cappuccino, facendo il solito “tira e molla” con la coscienza per decidere se metterci vicino pure una brioche, di qua Matilde è avanti di nove e il cronometro che scorre è il nostro migliore amico. Vittoria, Letizia e Ludovica in panchina si tengono per mano, stringendole più forte ogni secondo che passa, dolcissimo count down prima che cominci la festa. Azzurrine in finale.
Di là intanto siamo 44-44. Matteo butta un occhio alle spalle. Mattia, Andrea ed Elia hanno lo sguardo da duri, magari dentro gli si squaglia l’anima ma la Francia deve vederli bene in faccia, sicuri che quell’ultima stoccata la metteremo noi. Detto-fatto. Matteo accende una luce soltanto. Il video obbligatorio per l’arbitro è come il tempo che si passa d’estate in ascensore con lo sconosciuto-loquace che t’interroga sul caldo, costringendoti a rispondere che “dicono – i meteorologi, soggetto sempre sottinteso – la prossima settimana sia peggio”. Convenevoli-riempitivi. Verdetto, proclamazione, boato. Ti giri e in un attimo non ci sono più solo quattro atleti a far festa, sono diventati in otto. Le ragazze sono corse dai fiorettisti e adesso l’esultanza è diventata una bolgia. Otto in un abbraccio. Che s’allargherà, poi, a tutto lo staff che a quei ragazzi dà ogni supporto, ai cadetti rimasti per fare il tifo.
Il senso d’una squadra, “una soltanto” pure se le gare in corso sono due, è tutto lì, e parrà banale, retorico, e bla-bla-bla per chi queste cose non le capisce, ma quel momento vale persino di più dell’oro e dell’argento che ne verrà fuori.
Sì, perché la squadra nella scherma è una cosa. Simone, il CT, Valerio, al debutto da Responsabile del fioretto Under 20, Francesca e Beppe, i maestri che con questi di ragazzi hanno seguito tutto il percorso, hanno lavorato soprattutto su questo. Sul senso del gruppo, che porta uno per volta a esser trascinatori o trascinati. A secondo di quel che c’è bisogno. E funziona. Ogni tanto una carezza, una parola dolce. E però, se ci vuole, pure qualche strigliata. Fa sorridere quella che si becca di buon’ora una Elia, al primo match: lo chiamano dalla panchina per suggerirgli un’azione, lui non si gira. E così quando torna in panchina gli dicono che se lo rifà il suo Mondiale finisce al tabellone da 32. Messaggio recepito. Si girerà così tante volte, negli assalti seguenti, da finir quasi la gara col torcicollo…
Ci si diverte. E non solo perché si vince. È l’esatto opposto: si vince perché ci si diverte. Perché c’è spirito. Pure se quei quattro ragazzi non hanno mai tirato insieme, e diventano Campioni del Mondo alla prima volta in quartetto. Perché sono squadra. Perché sotto di otto, in finale, Andrea mette un parziale quasi da pallacanestro contro la Russia ch’è tornata anche se adesso si chiama Fie, ma è fortissima lo stesso, tanto che di primo mattino, mentre in Italia ancora dormivano, ha buttato fuori gli Usa. È sfinito, Andrea, dopo quell’impresa. Niente paura. Simone e Valerio sanno che ci penserà Elia, supportando Mattia e Matteo a completare l’opera. Italia dei fiorettisti d’oro al Mondiale. “Però non c’era la Russia”, stavolta, dopo tre anni, per chi l’ha pensata non vale…
C’era pure tra le donne, la squadra russa in sigla Fie. E siccome l’Italia era numero 1 del tabellone se l’è beccata subito al primo turno, quello che di solito aiuta a riscaldarsi senz’AirPods nelle orecchie. Destino beffardo? Meglio prenderlo di petto. Le ragazze lottano, vincono, e da lì tirano dritto battendo tutta l’Asia, pure loro con un’alternanza perfetta, ché in panchina Francesca e Beppe sanno d’avere quattro titolari. Alle azzurrine d’argento mancherà una stoccata soltanto in finale contro gli Stati Uniti per fare un en-plein d’oro che mai come oggi il fioretto azzurro avrebbe meritato. E però 45-44 si può vincere come perdere, e stavolta a noi tocca la seconda. Pazienza. L’ultima riga delle favole non è sempre a lieto fine. E poi le favole sono roba complessa, spesso finta. Meglio le storie vere. Tipo questa, degli otto in un abbraccio.
(foto Augusto Bizzi)