Storie di Wuxi – Marco, la corsa dentro un sogno nato da lontano

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Storie di Wuxi – Marco, la corsa dentro un sogno nato da lontano

Si può essere (ancora) cadetti eppure (già) un po’ “veterani”. In pedana come fuori. Marco è cresciuto in fretta, nella scherma e mica solo lì. La scelse a sei anni facendo la prima finta e cavazione a mamma e papà, che gli avevano suggerito il tennis. Ché al fioretto ci pensava già Matteo, il fratello maggiore, e allora – pensarono – dai, Marco, tu prova la racchetta. Bell’idea, e però dopo un anno, piccolino ma pronto a far di testa sua, eccolo nella “vecchia” palestra della Comini Padova a sognare d’infilzare un po’ d’avversari in pedana anziché provare a prenderli a pallate sulla terra rossa. Tempo le prime garette promozionali, ed “ok, tutto chiaro”: la scelta aveva senso, futuro e destino.

Talento, sì, sicuro. Ma il resto se l’è costruito sudando, spingendo. Pacato e ambizioso. Vincente ma umile. Di quella finta al tennis e cavazione per il bersaglio della scherma i genitori son stati i primi gioire. Lui li ha ripagati con il suo impegno: un Mondiale, l’anno scorso a Riyadh, da convocato sia tra i Cadetti che per i Giovani, con la prima medaglia iridata proprio fra i più grandi, a squadre. E però quel “sogno”, l’ha chiamato così, per nome, oggi lui a Wuxi, di salire pure sul podio individuale in quella che ancora per qualche mese sarà la sua categoria Under 17.

Ci si dà un obiettivo, e si lavora per raggiungerlo. Tra la suggestione e il fatto di mezzo c’è di tutto un po’. E a Marco è mancato nulla. In pedana come a scuola. La verifica di Fisica al liceo scientifico poche ore prima della partenza, poi il volo per la Cina. Per prendersi un bronzo di cui riconosce subito la bellezza, mica come l’argento d’un mese e mezzo fa all’Europeo di Antalya, che gli bruciava dentro. Quel fuoco ch’è servito a lui oggi, in quel 15-14 nel quarto di finale vissuto come una liberazione. Marco ha acceso una luce soltanto e ha cominciato a correre, lasciandosi dietro tutto: il rullo, il passante, la pressione, la paura che fa a cazzotti con l’adrenalina quando ti giochi tutto in quell’ultima stoccata.

Ha scaricato tutto, Marco, in una corsa dentro la felicità. Forse persino troppo, ha riconosciuto lui stesso – cadetto e però già un po’ “veterano” – per la “stanchezza provata in semifinale”. Ma seppure così fosse, se ne riparla domani. All’ora che sarà, dopo aver (ri)visto quella medaglia sul comodino. Ché quando si corona un “sogno” l’errore peggiore è metter la sveglia.

(foto Bizzi)

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